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Impatto del COVID – 19 sui centri sportivi: intervista a Giampaolo Duregon

27 Marzo 2020
centri sportivi e COVID 19
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Il 23 febbraio 2020, si può definire, in Italia, la data in cui tutto è cominciato: siamo bruscamente passati, per l’aumento preoccupante dei casi di contagio da Coronavirus, da una socialità piena, corale, fatta di convivialità, abbracci, serate e l’immancabile allenamento in palestra, alla rimozione di tutte queste cose dalle nostre vite.

I centri sportivi, che rientrano tra i luoghi di socialità e aggregazione per eccellenza, hanno cooperato subito a diffondere, nelle Regioni dove l’apertura era ancora consentita, le norme anti-contagio ministeriali, adeguando le strutture ad una opportuna soglia sanitaria ma, da subito, hanno visto le sale svuotarsi.

Nessuno è mai preparato ad una pandemia, dove bisogna mettere da parte lo sportivo e l’imprenditore e reagire da cittadino.

Si sono successivamente uniformati alla chiusura con spirito di unione civile e nazionale e hanno reagito con spirito sportivo attivando strategie di contatto digitale con i frequentatori perché non abbandonassero quella che è una routine salutare.

Oramai, però, da un mese, sono tra i settori produttivi più colpiti dalla crisi.

Abbiamo chiesto ad un imprenditore di grande successo ed esperienza come Giampaolo Duregon, titolare di alcuni centri sportivi a Roma, tra i quali il Forum Sport Center, insieme a Walter Casenghi, quali difficoltà deve affrontare un centro sportivo in questo momento.

piscine covid 19

Quali sono i primi pensieri che assalgono chi gestisce un’attività sportiva da anni di fronte a una chiusura inaspettata?

Si tratta di affrontare un evento a cui si è totalmente impreparati. Da sportivo quale sono, prima che titolare, si può dire che sono un esperto nel pianificare e portare a termine un obiettivo e a prevedere i possibili inciampi di percorso ma nessuno lo è di fronte ad una pandemia, dove bisogna mettere da parte lo sportivo e l’imprenditore e reagire da cittadino.

All’inizio, da frequentatori di strutture sportive e, dunque, da persone che conducono una vita sana, ci siamo sentiti meno colpiti, quasi immuni dal poter diffondere un’epidemia ma abbiamo dovuto ricrederci subito, quando l’epidemia ha cominciato a camminare a passi rapidi.

Allora è subentrato preponderante lo spirito del cittadino, ci siamo adeguati all’obbligo di combattere il virus con l’unica arma a disposizione, l’assenza di contatto, e quindi abbiamo dovuto doverosamente chiudere degli spazi ricreativi in cui si fa vita sociale e sportiva insieme.

Un centro sportivo dilettantistico non ha mai scorte economiche per crisi impreviste.

palestre covd 19

Quanto può sopravvivere un centro sportivo a questa situazione?

Noi gestori sappiamo che l’entrata delle quote è un flusso economico vitale per l’esistenza di una palestra o centro sportivo. Senza le quote di frequenza è impensabile andare avanti. Per evitare lo spettro, paventato da questa crisi, della chiusura definitiva, occorre trovare dei sussidi.

Una società sportiva dilettantistica, attraverso le entrate, deve in pratica coprire tutte le spese  e se c’è un surplus di gestione, solitamente esiguo, bisognerà reinvestirlo nella società stessa, via via per migliorare l’impianto. Ecco perché un centro sportivo dilettantistico non ha mai scorte economiche per crisi impreviste.

Quali sono le voci di spesa più rilevanti per un centro sportivo?

Un impianto medio – grande incassa un 1 milione di euro l’anno e spende poco meno. Diciamo che se consideriamo 2 mesi di chiusura le perdite, in assenza totale di ricavi, ammonterebbero a circa 160.000 euro.

Le voci di spesa più rilevanti sono:

  1. personale e collaboratori (circa il 40%)
  2. fornitori, energia e consumi (circa il 25%)
  3. affitto (circa il 20%)
  4. varie per eventi, gare, tesseramenti, affiliazioni e spese per agonistiche (circa il 10%)
  5. 5% ( spese varie)

Se la gestione è stata ottimale il surplus diventerà il valore dell’investimento per l’anno successivo ma basta sforare di poco nelle spese per andare in passivo.

Questa crisi potrebbe mutare in modo inedito e imprevedibile le abitudini delle persone

campi sportivi covid 19

Potrebbe questa inedita situazione avere un impatto sul tasso di fidelizzazione dei frequentatori?

Essendo una situazione avversa in cui il centro non ha alcuna responsabilità, il rapporto con gli iscritti sembra essere ottimo e prevediamo che ci sarà ancora più voglia di tornare come succede spesso dopo un evento traumatico che tende ad avvicinare le persone, una volta che se lo sono lasciato alle spalle, e a far apprezzare la soddisfazione e la ricompensa che deriva dal fare attività fisica.

Diciamo che a lungo termine sarà stato vincente l’atteggiamento di chi non solo ha offerto corsi fitness ma ha lavorato per incoraggiare le persone ad adottare nuovi stili di vita, duri a morire…?

Proprio per questo è stato apprezzano il fatto che molti club abbiano organizzato dei corsi online: tutto questo, pur nella drammaticità di ciò che sta accadendo, avrà un ritorno positivo. Certo, bisognerà fare i conti con l’indubbia crisi economica che colpirà i cittadini, per i quali i centri sportivi dovranno sicuramente adoperarsi per rendere più facile la ripartenza.

Pensa che questa crisi possa ridefinire gli equilibri di mercato, nella distribuzione tra club premium, medium e low cost?

In questa crisi epocale, ne risentiranno di più i centri sportivi, non in ragione della grandezza o collocazione, ma di quanto hanno saputo lavorare bene sulla fidelizzazione e sul valore percepito dagli iscritti, sia tecnico, sia “umano”.

Secondo lei, rispetto al mercato sportivo, si può fare un paragone tra questa crisi ed altre, come ad esempio il terremoto che ha colpito il Centro Italia?

Non c’è mai stato un periodo di crisi così lungo, anche se vi sono state altre tragedie umane, ma in quei casi il problema era soprattutto la ricostruzione, mentre, in questo caso, il problema sarà il forte impatto, anche psicologico, sulla totalità dei cittadini e potrebbe mutare in modo inedito e imprevedibile le loro abitudini.

Possibile una previsione sulla riapertura?

A decidere sarà sola una  cosa: il COVID 19, perché solo da quando i contagi cominceranno a scendere, si potranno fare previsioni, a 2-3 settimane.

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