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Nuovo DPCM: vecchia musica per i gestori

1 Marzo 2021
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Il nuovo DPCM sollecitato dal Ministro della Salute resterà in vigore fino al 6 aprile, prorogherà quindi le restrizioni previste fino a dopo Pasqua.

Ergo: anche le palestre e le piscine rimarranno chiuse, con buona pace degli oltre 100.000 centri sportivi, ormai al collasso dopo un anno di lockdown.

Non ci sono le condizioni per allentare le misure, avverte in Aula il Ministro della Salute, Speranza, perché  RT è pari a 1.

Cambia quindi il Governo, ma la musica che suona per il settore sport è sempre la stessa. Si tratta ormai di uno spartito vecchio che passa da un Esecutivo all’altro senza soluzione di continuità e senza che nessuno si accorga che contiene note tremendamente stonate. Perché se è vero che il gettonatissimo indice nazionale di contaminazione RT è pari a 1 (soglia che  è considerata di allarme), è anche vero che tale indagine non è stata focalizzata all’interno dei 100.000 centri sportivi. Ebbene, se l’analisi  del CTS si fosse spinta oltre avrebbe  potuto sicuramente registrare un dato completamente diverso.

Ma il sondaggio l’ha fatto ANIF, Associazione  Nazionale Impianti per lo Sport per il Fitness di Confindustria. L’indagine svolta presso la propria  base associativa (500 centri affiliati) ha rivelato infatti un tasso di contaminazione da COVID -19 inferiore al 1 per mille dei casi osservati.

In sostanza, alla luce di queste brevi considerazioni, sembra logico dedurre che le restrizioni accettabili siano quelle che nell’interesse generale consentono di bloccare la diffusione dei contagi, ma  non certo quelle che sia statisticamente, come abbiamo visto, che scientificamente, come vedremo, sono volte  a chiudere luoghi in cui la diffusione del virus è nulla!

Il giudizio è condiviso anche e soprattutto dalla comunità scientifica nazionale e internazionale (OMS e Ministero della Salute).

I centri sportivi sono infatti  luoghi di prevenzione, frequentati da individui che conducono un sano stile di vita, che migliorano attraverso lo sport il loro benessere psicofisico, prevengono le patologie cardiocircolatorie e quindi  riducono il rischio di malattie croniche. Tali soggetti svolgono infine attività in luoghi ove vengono applicati rigorosamente i Protocolli di Sicurezza emanati nel mese di maggio 2020 dal Ministro dello Sport. Gli impianti sportivi hanno sostenuto infatti  importanti investimenti nel trovare soluzioni atte a  garantire la sicurezza dei frequentatori (termoscanner, barriere in plexiglass, controllo dei distanziamenti, areazione dei locali, limitazione dei flussi d’ingresso, sanificazione dei locali e delle attrezzature, ecc.).

Il rigoroso rispetto delle misure anti contagio può dunque contribuire a favorire la prevenzione del Covid-19 alleviandone  l’enorme impatto sul sistema sanitario nazionale.

E’ quanto sostiene il Professor Guido Rasi, microbiologo dell’università Tor Vergata di ROMA, ex Direttore Esecutivo EMA ( Agenzia del Farmaco Europea), ex Direttore Generale AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). E da questo postulato dovrebbero partire le decisioni del Governo in merito alla chiusura degli impianti sportivi.

ANIF fin dall’inizio della pandemia, nella persona del Presidente Giampaolo Duregon, ha sostenuto con grande determinazione queste tesi presso tutte le Istituzioni di riferimento. Il dialogo costruttivo instaurato su questi tavoli ha consentito in verità al mondo dell’impiantistica sportiva di essere attenzionato e occorre onestamente ammettere che attraverso i vari DPCM che si sono succeduti nel 2020 alcuni sostegni al settore di un certo rilievo sono pervenuti (Cassa Integrazione, bonus per  i collaboratori  ex Articolo 67 comma 1 lettera M del TUIR, voucher a favore dei frequentatori relativo al periodo di inattività causa Covid, contributi a fondo perduto, stanziamenti per esigenze di liquidità dall’Istituto del Credito Sportivo e dal sistema bancario, credito d’imposta per canoni di locazione, dimezzamento degli affitti per le strutture e impianti sportivi).

Il dialogo è aperto e quindi questi temi verranno riproposti  al referente dello sport del Governo una volta che Draghi scioglierà le riserve in merito, perché gli interventi fin qui emanati a favore del settore non sono risultati sufficienti purtroppo a scongiurare la crisi irreversibile. Molte società infatti sono oggi al collasso e si stanno muovendo in via autonoma avanzando proteste presso le Regioni e il Governo volte alla  riapertura immediata dei centri sportivi. Tali azioni sono sorte spontaneamente in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, hanno coinvolto oltre 70 centri sportivi e sono destinate a crescere. La prima fase dell’iniziativa stimolerà una risposta dalle suddette Regioni e dal Governo, a cui è stata inviata. In caso di risposta negativa, al TAR. Le istanze sono corredate da perizie e relazioni medico-scientifiche di alto livello che vanno ad aggiungersi a quella del Professor Rasi.

La prolungata chiusura degli impianti ha comportato il mancato incasso degli abbonamenti, determinando una perdita economica nel 2020 di ben 90 miliardi di Euro da compromettere loro riapertura di gran parte di essi. Da qui nasce la vibrata protesta che sarà sempre più difficile centralizzare perché il settore si sente tradito non solo dalle Istituzioni, ma anche da coloro, come ANIF, che con crescente difficoltà, ma sempre con grande impegno l’hanno sempre tutelato a tutti i livelli di rappresentanza.

ANIF continua a seguire e a guidare, per quanto di sua competenza, con la massima  attenzione questi movimenti, ma è pur vero che anche le Istituzioni dovrebbero prendere atto di questa drammatica situazione e trovare al più presto risposte che prescindano una volta per tutte dalla “chiusura” e dai “ristori” e siano invece incentrate nella riapertura e negli indennizzi.

Da qui bisogna ripartire prima che sia troppo tardi !

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