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Post Covid – 19: ripartire con le linee guida degli esperti

10 Aprile 2020
covid 19 impianti sportivi
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Un dibattito sullo sport denso di stimoli per l’avvenire: l’arena virtuale a volte premia i discorsi composti in un contesto insolitamente intimo, come quello dello studio/salotto di casa propria, come è successo alla diretta facebook delle 15.00 giovedì 9 aprile, che ha visto quattro massimi esperti del settore sport parlare della ripresa post COVID 19, delle difficoltà e delle necessità da soddisfare perché questa avvenga nel miglior modo possibile.

Il dibattito, organizzato dal Forum Club, da sempre leader nel promuovere iniziative legate a sport, wellness, fitness e piscine, è stato importante perché ha avviato un dialogo sul futuro che bisogna cominciare ad intravedere e, in una logica di fair play sportivo, ha visto 4 protagonisti indiscussi del settore convergere su molte posizioni: segno che lo sport unisce da qualunque parte lo si osservi.

Emergenza liquidità per i centri sportivi. Giampaolo Duregon

Giampaolo Duregon apre il dibattito spiegando perché ANIF, come Associazione che, da sempre, si batte per veder riconosciuti allo sport dilettantistico diritti la cui mancanza ne fanno ancora un settore zoppo, stretto tra l’impossibilità di fare grande investimenti e la funzione sociale che assolve, che al contrario ne richiederebbe.

Sappiamo che quello che manca sono le tutele, anche e soprattutto per chi vi lavora all’interno, e ciò che è emerso dal dibattito e che lo stesso Guido Martinelli ha riconosciuto, è che questa crisi possa aver smosso le acque e portato qualcosa di buono. Ora vediamo perché.

Duregon ha parlato dei 13 emendamenti presentati da ANIF, di cui 7 sono entrati nel Decreto Cura Italia mentre gli altri sono in fase di considerazione. Ringrazia le istituzioni perché finalmente lo sport è oggetto di attenzione e di interesse e questo è già un ottimo segnale che, allo stesso tempo, può e deve essere incrementato.

Azioni per la ripartenza

Per la ripartenza bisognerà, continua Duregon, che l’indotto consideri i grandi sacrifici che dovranno assumersi i centri sportivi per continuare la loro opera di promozione della salute tra i cittadini: dovranno affrontare una vera e propria “emergenza liquidità” cosa di cui i fornitori e anche i fruitori non possono non tener conto.

Su cosa sono concentrati i centri sportivi oggi, e quali saranno i maggiori costi ed ostacoli per la ripresa?

  1. Sulla sanificazione degli impianti e si stanno studiando soluzioni che permettono di sanificare spazi di centinaia e centinaia di metri quadri.
  2. Sulla disinfezione dei macchinari che dovranno seguire protocolli più rigidi.
  3. Sul problema del distanziamento sociale e su come risolverlo.

E’ improbabile che prima di gennaio 2021 si possa parlare di ripresa e finchè non si troverà un vaccino anti COVID 19 è molto probabile che il settore sarà in sofferenza.

L’indennità del Cura Italia non fa del collaboratore un professionista. Alberto Succi

Due tra i più importanti esperti di Diritto sportivo si sono soffermati su un tema che sta molto a cuore al settore: i contratti di collaborazione sportiva. Nei giorni scorsi, sono serpeggiati alcuni dubbi infondati sulla legittimità per il collaboratore sportivo di chiedere l’indennità di 600 euro prevista dal Cura Italia, una misura tra l’altro che, per la prima volta, viene concessa ad un mondo spesso ignorato.

Il dubbio nasceva dal fatto che richiederla significasse equipararli a dei professionisti e quindi esporli a problemi di natura fiscale.

Alberto Succi e Guido Martinelli concordano sulla indiscussa idoneità ad accedere all’indennità, in quanto, con questa norma, il Decreto ha riconosciuto il contratto di collaborazione, a tutti gli effetti, come una delle tipologie di contratto di lavoro, rientrante nei redditi diversi.

Tra l’altro, lo stesso lavoratore, aderendo a questo contratto, ha riconosciuto il suo inquadramento come corretto e quindi non sussisterebbe nessun presupposto ad essere riconosciuto diversamente come professionista.

Dopo il Cura Italia, qualifica del contratto di lavoro nello sport dilettantistico? Guido Martinelli

Semmai, la novità, come sostenuto da Martinelli è proprio che questa disposizione del Decreto ha fatto “emergere una massa di lavoratori, in un certo senso qualificandoli, che non potrà più essere ignorata.”

La volontà da parte del legislatore di aver riconosciuto loro un’identità lavorativa potrà aprire la strada alla possibilità che il lavoro in un’attività sportiva dilettantistica possa essere finalmente legittimato e inquadrato dallo Stato.

Diventa, questo accesso all’indennità per i collaboratori sportivi, un rafforzativo della legittimità dell’inquadramento contrattuale.

Dopotutto è ora che anche lo sport dilettantistico abbia una sua chiara giurisprudenza lavorativa per non subire più ingiuste persecuzioni.

C’è da chiedersi, aggiunge Martinelli, come questo avverrà: è escluso che possa avvenire con una semplice attribuzione dei contributi sic et simpliciter.

Inquadramento contrattuale nella Società lucrativa

Di sicuro una strada, afferma Martinelli, era stata tracciata dalla Società lucrativa, proposta da ANIF, che nella sua breve vita, vedeva riconoscere ad una parte dello sport dilettantistico, diverso da piccoli oratori e associazioni, una dignità di impresa che avrebbe permesso ai lavoratori di avere un loro inquadramento e allo Stato di avere un vantaggio sull’Erario. Potrebbe questa essere una strada da rispolverare?

Giampaolo Duregon, considerato il padre di quella forma statutaria, lontano da ogni particolarismo, afferma che non è fondamentale che si riprenda quello specifico discorso, quanto, come ANIF ha sempre detto, che si trovi un modo perché i 100.000 centri sportivi italiani possano operare in tranquillità e trasparenza continuando a dare lavoro a 1 milione di lavoratori e a promuovere la salute presso 20 milioni di cittadini.

Lo sport sia riconosciuto a tutti gli effetti come attività sanitaria. Luca Mattonai

Ma forse l’augurio più bello lo raccoglie Mattonai, esperto commercialista in ambito sportivo, nel paventare la possibilità che lo sport sia riconosciuto a tutti gli effetti come attività sanitaria, perché questo riconoscimento porterebbe a sostenerlo sul piano fiscale, lavorativo, sociale senza remore.

Il discorso di Mattonai è tutto incentrato infatti sulla natura salutare dell’esercizio fisico che, proprio perché riconosciuto da tutte le organizzazioni sanitarie nazionali e mondiali come farmaco per la salute, dovrebbe essere tutelato e sostenuto.

A tal proposito, come specifica Martinelli, vi sarebbe già un primo inquadramento in tal senso che potrebbe aprire le porte a successivi interventi nel far rientrare a pieno titolo lo sport tra le attività per la salute e, quindi, esenti o agevolate fiscalmente: la legittimazione arriverebbe già dalla legge delega 86 2019, alla quale, come sappiamo, sarebbero dovute seguire leggi attuative.

Ci auguriamo che questa crisi che vede il settore sport esposto e senza riparo possa accelerare i tempi.

Crisi d’impresa: gli strumenti nel Decreto Cura Italia

Mattonai elenca alcuni strumenti che dovrebbe usare la società sportiva per affrontare la crisi aziendale. La liquidità, problema già invocato da Duregon e su cui ANIF con i suoi emendamenti si è battuta e continua a battersi.

Dopotutto la liquidità significa fare i conti con entrate e uscite. Su alcune di queste ANIF è già riuscita ad ottenere dei risultati con i suoi tavoli di lavoro con il Ministero dello Sport e delle Finanze.

Nel Cura Italia si è approvato la sospensione degli adempimenti fiscali (ANIF ne aveva chiesto l’annullamento); l’accesso al Fondo di Garanzia per le PMI, i sussidi per i collaboratori e la cassa integrazione per i dipendenti, la sospensione dei versamenti per i contributi e le imposte ritenute alla fonte, tutte misure che ANIF aveva avanzato.

Le coperture rimaste fuori dal Decreto

Tra le uscite rimaste senza copertura ci sono gli affitti in quanto, nonostante i centri sportivi siano tra i settori più colpiti dalla crisi, la possibilità di recuperare il credito d’imposta c’è oggi solo per i locali accatastati C1.

Anche su questo ANIF sta lavorando chiedendo, anche per gli impianti sportivi, tra i suoi emendamenti, il recupero tramite credito d’imposta, del 60% dei canoni d’affitto.

In definitiva, i 4 relatori convergono sul fatto che c’è ancora tanto da fare ma che il settore, mai forse come ora, si presenta unito, compatto e con le idee chiare. Soprattutto, Duregon sottolinea, grazie a questo abbia già ottenuto alcuni vantaggi importanti dal Governo.

Le linee sono state tracciate: ora tutti a lavoro per portare a casa nuovi risultati!

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